Grande perdita per la Fondazione the Brass Group che annuncia la scomparsa del suo co-fondatore e vicepresidente Manlio Salerno. La sua grinta e la sua passione che sapeva mettere in ogni impresa sono state e continueranno ad essere d’esempio per tutti coloro che amano il jazz. Lo stesso presidente della Fondazione, il Maestro Ignazio Garsia, lo ricorda “quasi cinquant’anni fa, abbiamo steso assieme anche a Giangaspare Ferro, noi tutti, decine di metri di tela di juta per arredare le pareti del jazz club di Via Duca della Verdura. Con lui ho anche suonato milioni di note musicali in quella cantina povera e fumosa. Molti di voi sono giovani e tanti non l’hanno neanche conosciuto. Con lui se ne va un altro pezzo fondamentale della storia del Brass. Due anni prima è toccato a un altro grande visionario, Luigi Giuliana”.
Non vi è alcuna enfasi nell’affermare che con Manlio Salerno se ne va non soltanto un pilastro fondamentale della storia del Brass Group ma anche un pezzo cospicuo della cultura musicale italiana. Nonostante l’intensa attività professionale svolta come architetto, la musica è stata sempre la grande passione a cui ha dedicato buona parte della sua vita. Invitato nel 1972 da Ignazio Garsia come bassista della Brass Group Big Band (il pianista palermitano cercava una voce solista che interpretasse la musica dei Blood Sweet and Tears e dei Chicago) fin dall’inizio è stato sempre in prima fila sia sul piano della organizzazione, promozione e diffusione che su quello squisitamente musicale.
Manlio Salerno aveva proseguito il suo impegno mettendo le notevoli doti organizzative al servizio del Brass anche nella fase cruciale in cui l’associazione era divenuta fondazione, ricoprendo fino all’ultimo le cariche di vice presidente e membro del consiglio di amministrazione.
Benché autodidatta come formazione, Salerno possedeva una musicalità innata, una capacità istintiva a memorizzare e riprodurre fedelmente melodie, armonie e ritmi ed una facilità estrema a sintonizzarsi con svariati contesti sonori. Negli anni Sessanta, poco più che ventenne, era stato tra i pionieri della nuova scena musicale cittadina militando, ad esempio, in alcune formazioni emergenti tra cui i Moderns, una delle band di punta del beat palermitano.
Manlio si entusiasma per il mondo jazz e la musica brasiliana ed è proprio a questi linguaggi che l’architetto-musicista (per gli amici archibasso) aveva rivolto il proprio interesse prevalente, indirizzando il proprio rimarchevole talento naturale sia alla chitarra sia al contrabbasso acustico (possedeva un magnifico esemplare di cui era geloso e che non cedeva mai ad alcuno; fece una sola eccezione per Charles Mingus) sia al basso elettrico, strumento elettivo di cui era efficace interprete e che gli consentiva di esprimersi come pochi altri soprattutto nell’area del rhythm and blues e della musica brasiliana, di quest’ultima è stato sicuramente uno dei pionieri in Sicilia. Suconsiglio di Irio De Paula, era stato suo l’arredamento e il progetto di trasformare la cantina di via Duca della Verdura, luogo che accoglieva le prove della Brass Group Big Band, nata nei primi anni ‘70, in un vero e proprio jazz club ed era stato proprio lui uno dei protagonisti dello storico concerto inaugurale avvenuto il 22 febbraio del 1974: con Manlio Salerno al basso c’erano Ignazio Garsia al pianoforte, Irio De Paula, chitarra, e Afonso Vieira, batteria. Dopo quel primo concerto rimasto come pietra miliare nella storia della musica siciliana, Salerno era diventato una presenza assidua dell’attività concertistica del Brass Group ed il suo strumento ha macinato centinaia di concerti, spesso accompagnando molti dei giganti del jazz internazionale (Johnny Griffin, Art Farmer, Tony Scott, Pepper Adams, Charlie Byrd, per citare i più noti) approdati negli anni in città.