A Palermo, dov’è oggi la via Cavour, vicino alla tanto trafficata piazza XIII vittime e alla chiesa di san Giorgio dei Genovesi, sorgeva una porta molto antica, che esisteva già nel XII secolo. La Porta di san Giorgio era uno degli accessi alla città dal lato del Molo, e dall’epoca di costruzione e da qualche informazione pervenuta doveva essere molto simile alla porta sant’Agata, che sopravvive ancora oggi tra gli accessi al mercato Ballarò.
Una curiosità per qualcosa che potrebbe darsi per scontata è che il nome della porta non è dovuto alla chiesa dei Genovesi, dalla quale distava pochi metri, ma da un’altra chiesa dedicata a san Giorgio che fu abbattuta proprio per realizzare il molo.
Come quella di Sant’Agata, la porta di S. Giorgio era l’esempio della mescolanza delle culture presenti in città: aveva un arco a sesto acuto, di derivazione orientale, mentre l’apertura vera e propria avveniva con un arco ribassato, lasciando così spazio alle decorazioni. Infatti, sopra l’ingresso vi era un affresco raffigurante s. Giorgio, ai lati invece erano rappresentati altri santi.
Nel 1724 si decide di demolire la porta non perché rischiasse di crollare o fosse poco gradevole alla vista; in realtà si trovava in una posizione particolare, perché da essa si aveva la vista diretta verso il monte Pellegrino, sede del santuario di santa Rosalia, e in più iniziò a sembrare piccola e inadeguata per accogliere chi arrivava in città dal Molo (lo stesso pensiero che si era fatto per la realizzazione di Porta Felice, che rappresentava l’accesso dalla Cala).
Correndo il centenario del ritrovamento delle ossa della santa sul monte che salvarono la città dall’epidemia di peste, si decide quindi di abbattere la porta san Giorgio per dedicare una nuova porta nello stesso luogo alla Santuzza.
Dall’immagine e dai racconti pare che questa porta fosse veramente elegante e sontuosa. Progettata dall’architetto siciliano Andrea Palma, era ricca di decorazioni e con l’ingresso marcato da colonne sporgenti, in pieno stile barocco.
Una targa commemorativa, in particolare, ricordava proprio la ragione di questa costruzione. Vi era scritto che sorgeva una porta vecchia e inadeguata (viene definita squallida) che si è voluta rendere più elegante, affinché chi arrivasse dal mare potesse ammirarla, e si nomina Rosalia come “guardiana” della città.
Sopra l’arco era stato lasciato ampio spazio per un affresco di Guglielmo Borremans, raffigurante la liberazione di Palermo dalla peste. Sotto il dipinto prendeva posto una reliquia della Santa e una lampada votiva sempre accesa. Sul punto più alto l’aquila a due teste, simbolo degli Asburgo che allora regnavano sull’isola.
Nonostante lo scopo commemorativo, il tradizionalismo popolare fece in modo che la porta continuasse ad essere chiamata di san Giorgio, e così rimase anche la strada (Stradone di San Giorgio) che da essa arrivava fino alla via Mariano Stabile, anche se questa era l’uscita che i devoti usavano ogni 4 settembre per l’acchianata al monte.
Nel corso dell’Ottocento si predispongono dei piani per apportare migliorie all’assetto della città. Non servendo più la porta per il suo utilizzo, nel 1853 viene demolita.
Viene distrutto anche l’affresco, che lo scrittore Antonio Mongitore descrive con la Santa in atto di supplica alla Madonna seduta tra gli angeli e di uno di essi che trafigge un drago (la peste) che ha vicino le sue vittime già cadute, unica testimonianza di quest’opera.
Oggi, entrando nella via Squarcialupo, non c’è alcun segnale che porti traccia di questo pezzo di storia, qualcosa che in cento anni era mutato radicalmente. Dall’idea di fare “bella figura” con una porta elegante, l’intenzione quasi di consacrarla e con un significato simbolico di difesa della città, attraverso la collocazione della reliquia, alla mancanza di utilità e la scelta, qui come per molte altre porte, della demolizione totale per fare posto a una città in crescita.
Fonte delle immagini in copertina: L. Triziano, Le porte della città di Palermo al presente esistenti, 1732, ristampa ed. Grifo 1988.