A sostegno dei pastori e del loro difficile lavoro, è scesa in campo la Coldiretti e ieri, domenica 17 febbraio, è arrivato il primo “Pecorino Day” con appuntamenti speciali nei mercati Campagna Amica in tutta Italia. Durante la manifestazione organizzata a Trapani, è stato possibile degustare prodotti a base di latte ovino e per proteggere uno dei formaggi più antichi, il pecorino siciliano, emblema di un settore d’eccellenza, presidio del territorio.
Una iniziativa – sottolinea la Coldiretti – per salvare le 6,2 milioni di pecore sopravvissute in Italia e dare un futuro ad un mestiere antico ricco di tradizione che consente anche la salvaguardia di razze in via di estinzione e vantaggio della biodiversità del territorio. Dal latte di pecora si ottengono in Italia – continua la Coldiretti – circa 60 milioni di chili di formaggi pecorini dei quali oltre la metà a denominazione di origine (Dop).
Nella produzione Made in Italy a denominazione di origine a fare la parte del leone – continua la Coldiretti – è il Pecorino Romano Dop, ma hanno ottenuto la protezione comunitaria come denominazioni di origine anche il pecorino Sardo, il Siciliano, il Crotonese il Toscano, quello di Filiano, di Picinisco, delle Balze volterrane oltre al Fiore Sardo, al Canestrato Pugliese, al Canestrato di Moliterno alla Vastedda della Valle del Belice, al Murazzano e alla Robiola di Roccaverano che usa anche caprino.
Accanto ai pecorini tutelati dall’Unione Europa sono circa un centinaio quelli tradizionali censiti dalle regioni, ma numerose sono le versioni proposte dagli allevatori dal “sottocrusca” al “sottograno” fino allo “stagionato in grotta” e curato con olio.
Sostenere con i propri acquisti la produzione nazionale di pecorino significa – afferma la Coldiretti – aiutare il proprio territorio e contrastare anche l’abbandono delle aree piu’ difficili dove i pastori svolgono un ruolo insostituibile di presidio. Secondo una recente indagine Doxa – riferisce la Coldiretti – piu’ di un italiano su dieci (12%) inserisce il pecorino nella lista dei formaggi preferiti ed è immancabile in molti primi piatti storici, dal cacio e pepe alla carbonara, dalla gricia al pesto alla genovese fino alla pasta alla pecorara.
Ma arricchisce anche secondi piatti soprattutto in frittate e polpette e non manca neanche nei dolci come ad esempio nelle pizze salate di Pasqua, senza dimenticare l’irrinunciabile abbinamento fave e pecorino tradizionale per la festa dei lavoratori.
Il pecorino – ricorda la Coldiretti – è uno dei formaggi italiani più antichi: veniva prodotto già nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate dei legionari, ma è probabile che le sue origini siano ancora più lontane, vista la diffusione delle pecore sul nostro territorio.
La protesta degli allevatori “la guerra del latte“, partita dalla Sardegna ed estesa anche alla Sicilia, è proseguita anche ieri in cui allevatori e agricoltori, si sono dati appuntamento in prossimità dello svicolo Dittaino dell’autostrada Palermo-Catania. Sono arrivati dai Nebrodi, dalle Madonie, dal Vallone nisseno e dall’Ennese portando con se striscioni, bandiere con la triscele e tanto latte.
Ed è proprio tanto il latte che, ancora una volta, è stato versato sull’asfalto, così come era stato fatto nei giorni scorsi. La protesta degli allevatori, nasce perchè un litro di latte viene pagato al massimo 65 centesimi, in pratica un prezzo che lascia un margine di guadagno così esiguo che non consente agli allevatori stessi di portare avanti le aziende e ancor più di investire in miglioramenti e sviluppo delle attività produttiva.
Tra i presenti anche il senatore Fabrizio Trentacoste del Movimento 5 Stelle a cui è stato consegnato l’elenco delle richieste dei pastori siciliani. Al primo punto, come chiedono i sardi, il riconoscimento di un prezzo equo. Gli allevatori siciliani chiedono anche che vengano approvate norme più stringenti per la tracciabilità della provenienza degli ingredienti.
E che alle aziende di trasformazione operanti in Italia che hanno ricevuto fondi pubblici per la costruzione dei loro impianti, venga imposto l’uso di materie prime locali.
Tra le richieste anche la costituzione di un Distretto sanitario unico regionale: attualmente, denunciano gli allevatori, le disposizioni in materia veterinaria e di sanità pubblica, per quanto uniche a livello regionale, poi trovano diversa applicazione tra una provincia e l’altra della stessa Sicilia.
Tra i punti della piattaforma anche l’attuazione di politiche di promozione della carne di agnello siciliano che faccia leva sulle sue caratteristiche salutistiche; lo snellimento delle procedure per i piccoli caseifici cosicché si possa recuperare anche il valore storico dei prodotti tipici e tradizionali del territorio.
E dulcis in fundo, il ripristino dell’indennità compensativa che ha fatto urlare di entusiasmo i presenti. Per quest’ultima si chiede pure che l’erogazione avvenga entro l’anno della domanda, superando l’odioso ritardo connesso all’emissione del certificato antimafia.
Al senatore Trentacoste, gli allevatori hanno anche detto di non essere interessati al reddito di cittadinanza: cercano, piuttosto, un reddito dignitoso che deve essere generato dal proprio lavoro a cui deve essere portato rispetto. Quel rispetto che si manifesta riconoscendo prezzi equi del latte e della carne.