mercoledì, 13 Novembre 2024
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Strage via D’Amelio. Fava, Scarpinato e Borsellino: ”Vogliamo la verità”

Anomalie, depistaggi e la drammatica “continuità storica” di una verità nascosta e difficile da trovare: questi i punti chiave del dibattito affrontato dal presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava, dal procuratore generale, Roberto Scarpinato e da Fiammetta Borsellino, figlia del giudice antimafia, Paolo Borsellino, svoltosi allo Spazio ”La Feltrinelli” della omonima libreria, a Palermo. A moderare l’incontro, il giornalista Salvo Toscano.

Al centro del partecipato e animato dibattito, la relazione della commissione di Palazzo dei Normanni  su quello che è stato definito “Il più grande depistaggio della storia della Repubblica“: la strage di via D’Amelio, avvenuta il 19 luglio 1992, che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta.

«Per un familiare – ha affermato Fiammetta Borsellinoquesta speranza di trovare la verità non può e non potrà mai morire. È una vicenda melmosa in cui nulla è andato per il verso giusto, e chi avrebbe dovuto fare da sentinella affinché venissero seguite le procedure corrette, cioè la Magistratura, non l’ha fatto».

Un’irrisolto storico che, a detta di Salvo Toscano, “Non dovrebbe far dormire la notte” non solo per l’avvenimento drammatico di per sé, ma per tutto ciò che ad esso è seguito e tutti gli interrogativi senza risposta che tale evento ha lasciato dietro di sé a distanza di oltre 25 anni.

Strage di via D’Amelio – il dibattito alla Feltrinelli di Palermo

Silenzi, inganni, menzogne, errori in buona fede (Boccassini, ndr) ed anomalie che non sono state individuate in tempo e che il procuratore Scarpinato ha definito “Un gravissimo deficit istituzionale“. Una drammatica continuità storica di tecniche di depistaggio che sono state utilizzate in altri avvenimenti drammatici italiani quali, ad esempio, la strage di Bologna del 1980.

Ma qual è il segreto che si cela dietro la strage di via D’Amelio? Secondo Scarpinato: «Il segreto sta nel fatto che Paolo Borsellino fosse un uomo determinante e che la sua morte non dipendesse da interessi mafiosi».

«Un depistaggio – ha affermato Claudio Favache è servito a nascondere ciò che c’era accanto e attorno alla strage di via D’Amelio e che per anni ci è stata mostrata come una vendetta di mafia».

Pesanti le responsabilità attribuite, durante il dibattito, ai servizi segreti dello Stato e alla Magistratura il cui operato ha influenzato e, in qualche modo pregiudicato, il percorso giudiziario per giungere a quella verità che, a detta del procuratore Scarpinato «Non è ancora emersa e non si sa se emergerà mai: la storia del passato che ha schiacciato la storia del presente».

 

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