San Martino, che secondo l’agiografia non è collegato in alcun modo al vino e agli eccessi, è invece quasi un santo patrono delle bevute. L’11 novembre, infatti, è ricorrenza di molti paesi bere il vino novello, che nel tempo ha reso nota la festa come festa dei beoni: a San Martinu ogni mustu è vinu, recita un vecchio proverbio siciliano, e pare che l’origine della connessione tra questo giorno e la “ebbrezza” generale sia dovuta alle feste greche delle Antestèrie, in onore del dio Dioniso, in cui si assaggiava il primo mosto. Ma non solo di vino nuovo ci si riempie.
A fare onore al santo, che donò metà del suo mantello a un mercante infreddolito, era la generale ricchezza che si trovava sul tavolo di ogni casa nel giorno a lui dedicato, prima tra tutti la presenza del tacchino, e in mancanza di questo, quella del maiale. Ricorrenza, questa, che si è un po’ persa, rimane quella d’obbligo del Sammartineddu, il biscotto duro arricchito da semi d’anice, che Giuseppe Pitrè definì tondeggiante e a forma di “rococò” superiormente, e che nella sua estrema povertà di ingredienti era il biscotto che tutti potevano riuscire a permettersi e ad ammorbidirlo nel vino nuovo o nel Moscato. Nelle case più umili, la festa veniva celebrata anche la domenica seguente, in modo che il capofamiglia potesse arricchire la sua tavola grazie alla paga settimanale ricevuta.
Seguendo le gesta del santo, pare anche che in passato chi poteva comprava biscotti in più per distribuirli ai poveri, e per i benestanti e facoltosi esisteva ed esiste tuttora un’altra versione dello stesso, che fece nascere la storica distinzione “San Martino dei ricchi, San Martino dei poveri”. Si può infatti trovare lo stesso biscotto ammorbidito e farcito di pasta di mandorla, conserva di zuccata e cedro o anche marmellata e poi ricoperto di glassa bianca e arricchito da decorazioni colorate, gocce di cioccolato e confettini argentati. Una terza versione, nelle pasticcerie, è il Sammartineddu imbevuto di liquore e farcito di ricotta e ricoperto di zucchero a velo.
Del tacchino ingrassato dalle nostre parti si è persa traccia, ma rimane in alcuni paesi l’usanza di cuocere all’aperto carni in abbondanza e accompagnarle col novello, specie nelle aree di campagna dove il vino effettivamente viene prodotto, cosa che la cosiddetta “Estate di San Martino” solitamente permette. E nella tregua dell’autunno che avanza, molte regioni festeggiano la ricorrenza con feste, sagre, falò, danze all’aperto…e un biscotto col vino.