lunedì, 25 Novembre 2024
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Meritocrazia….. questa sconosciuta

Il termine “Meritocrazia” secondo il dizionario Treccani, è definito: “concezione della società in base alla quale le responsabilità direttive e specialmente le cariche pubbliche, dovrebbero essere affidate ai più meritevoli, ossia a coloro che mostrano di possedere in maggior misura intelligenza e capacità naturali, oltreché di impegnarsi nello studio e nel lavoro; il termine, coniato negli Stati Uniti, è stato introdotto in Italia negli anni Settanta con riferimento a sistemi di valutazione scolastica basati sul merito (ma ritenuti tali da discriminare chi non provenga da un ambiente familiare adeguato) e alla tendenza a premiare, nel mondo del lavoro, chi si distingua per impegno e capacità nei confronti di altri, ai quali sarebbe negato in qualche modo il diritto al lavoro e a un reddito dignitoso”.

Niente da ridire sulla prima definizione che, il mitico dizionario Treccani, dà sul termine “Meritocrazia” ma la parte più interessante è sicuramente la seconda: “Altri hanno invece usato il termine con connotazione positiva, intendendo la concezione meritocratica come una valida alternativa sia alle possibili degenerazioni dell’egualitarismo sia alla diffusione di sistemi clientelari nell’assegnazione dei posti di responsabilità”.

In effetti dovrebbe essere così, ma nella realtà è davvero così?

Personalmente, propenderei per la prima definizione, sempre del dizionario Treccani: “concezione della società in base alla quale le responsabilità direttive, dovrebbero essere affidate ai più meritevoli, …”.

Magari fosse così nella realtà!

Esempi contrari c’è ne sono a bizzeffe. I posti chiave, spesso, vengono affidati a seconde file sol perché, diciamocelo sinceramente, queste hanno le spalle coperte. E che coperte… coperte di seta… coperte di gran valore… costose direi. In pratica: sono solo raccomandatissimi.

Quante delusioni, quante vessazioni, subisce chi merita! Nella realtà infatti, spesso il più meritevole, viene superato da chi, nella gerarchia, occupa i posti successivi. Questo, in una società sana, non dovrebbe mai succedere. Comportamenti simili, per usare un termine noto, sono da terzo mondo.

E’ triste dovere registrare, gli innumerevoli casi, in cui i nostri giovani, sono costretti ad emigrare perché nella nostra terra, non trovano spazio lavorativo. I pochi posti disponibili, infatti, vengono riempiti dai soliti noti o dai loro figli, parenti o amici. Sono, altresì, tanti i casi in cui i giovani emigrati all’estero, oltre a trovare lavoro, riescono ad emergere e diventare delle eccellenze.

Mi chiedo: è giusta una situazione del genere? Certamente no, ci vorrebbe una rivoluzione culturale. Chi dovrebbe promuoverla? Oramai ci siamo assuefatti, subiamo e non reagiamo più. I pochi tentativi di reazione, quasi al cento per cento, non vanno mai a buon fine, quasi sempre ti si rivolgono contro.

Mi chiedo, anche: in tutti i paesi è così? Non lo so, certo però se, i nostri figli all’estero, senza nessuna “manina” che li spinge, emergono, questo qualcosa vuole dire. Da ciò emerge che, nel nostro paese, la meritocrazia viene riconosciuta solo in piccole frange sparute e soprattutto nel lavoro privato.

E poi ci lamentiamo che tutto va male, che non c’è niente che vada bene… Se i posti chiave sono ricoperti da persone mediocri, se non addirittura scarse, come possiamo sperare che le cose vadano per il meglio?

Ma come dice un vecchio detto: ”la speranza è l’ultima a morire”. Nel corso della mia infanzia, ho conosciuto la signora Speranza, una mia vicina. È una signora di una certa età, rispettosa, dolce e disponibile. Purtroppo dopo qualche anno, cambiai casa, ma ho saputo che nonostante  sia molto vecchia è ancora viva. Meno male,  che nel nostro territorio esiste ancora la signora Speranza… e come dice il detto, speriamo, che sia l’ultima a morire.

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