Dopo una chiusura temporanea di un mese, servita per effettuare lavori interni di manutenzione e riordinamento delle collezioni, il Museo Pitrè riapre il 17 ottobre, in occasione del terzo weekend delle “Vie dei Tesori” (manifestazione alla quale aderirà anche nei giorni 24-25 e 26 ottobre) rendendo fruibili al pubblico numerosi beni etnoantropologici, finora conservati nei depositi e adesso nuovamente in esposizione. Si tratta, in particolare, della bella serie di pitture su vetro, di cui il Museo conserva 34 esemplari, con estremi cronologici che vanno dal XVIII ai primi del XX secolo.
I temi di queste testimonianze d’arte popolare appartengono tutti all’universo religioso. Tra i più frequenti: Sacra Famiglia, Annunciazione, Natività, Santi, Madonne e scene bibliche, gli stessi delle coeve stampe devote.
Il ripetersi sempre degli stessi temi è proprio dell’arte popolare, quasi mai connotata da uno stile individuale, al contrario portavoce del linguaggio di una comunità.
Ne sono autori i cosiddetti “pincisanti”, pittori occasionali che si distinguono l’uno dall’altro per una maggiore o minore aderenza agli schemi di rappresentazione canonici e per differenze qualitative d’esecuzione.
Per realizzare una pittura su vetro, è necessario seguire una particolare tecnica che consiste nel costruire l’immagine specchiata di un modello prefissato, dipingendo sul verso della lastra vitrea. E ancora, il Museo esporrà il busto in gesso della cosiddetta Vecchia dell’aceto, cioè di Giovanna
Bonanno, una vecchia mendicante vissuta a Palermo nel XVIII secolo, considerata da tutti una “magara”, cioè una strega, che viveva girovagando nel quartiere della Zisa. La sua vita cambiò quando Giovanna, grazie a un liquido venefico che poteva essere somministrato senza lasciare alcuna traccia, cominciò ad aiutare le “malmaritate” a sbarazzarsi dei mariti, dietro corresponsione di un adeguato compenso. Per molto tempo, nel quartiere della Zisa, si verificarono casi di morte molto misteriosi, fino a che il sospetto di una madre per la morte improvvisa del figlio, e le affrettate nuove nozze della nuora, non innescarono un meccanismo di vendetta. Fingendo di volere acquistare anche lei una dose d’ aceto, al momento della consegna, si presentò con quattro testimoni, cogliendo in flagrante la Bonanno.
La “vecchia dell’ aceto” che fu presa e rinchiusa in quello che a quei tempi era stato un luogo di detenzione per streghe, fattucchiere e eretiche, il carcere dello Steri, qui fu processata e condannata alla pena dell’impiccagione per veneficio e stregoneria. Condanna eseguita il 30 luglio 1789 ai Quattro canti. La sua storia sarà raccontata in un famoso romanzo di Giuseppe Natoli (William Galt) intitolato, per l’appunto La vecchia dell’aceto.
L’ignoto autore del busto conservato nel museo Pitrè la rappresenta con un aspetto inquietante: cisposa, rugosa e sdentata, col viso atteggiato a un ghigno beffardo.
Altre novità nel percorso espositivo relativo ai “vecchi mestieri” sono il tavolo da lavoro del falegname, dei primi dei XIX secolo, corredato di pialle di tutti i tipi, e una bella seria di foto storiche a tema.
E ancora, nelle sale del Museo si potranno ammirare artistici vasi di ceramica invetriata provenienti da Caltagirone, cartelloni e pianini dell’Opera dei Pupi, il plastico “L’entrata di re Ruggero a Palermo”, il grande dipinto raffigurante la processione del SS.Crocifisso, l’antica stadera e diversi altri oggetti di uso quotidiano, o testimonianze di arte popolare.