venerdì, 22 Novembre 2024
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Io c’ero… con Salvatore Giuliano, in un libro il racconto della sua “vedetta”

Il romanzo a cura di Valentina Gebbia, Giacomo Bommarito e Nunzio Giangrande, edito da Dario Flaccovio editore, è stato presentato alla Feltrinelli di Palermo insieme a Stefania Petyx

Tanti sono i misteri che aleggiano intorno alla figura di Salvatore Giuliano, nato a Montelepre nel lontano 1922, conosciuto ai più come “bandito”, il cui decesso è stato attribuito al 5 luglio del 1950 a Castelvetrano. Ma è andata effettivamente così? A queste e a tante altre domande ha risposto il ragazzino che fu la “vedetta” di Giuliano durante la latitanza, e che oggi è ultraottantenne.

A raccoglierne la preziosa testimonianza, la giornalista, scrittrice e regista Valentina Gebbia, insieme al criminologo Nunzio Giangrande. Una storia che si trasforma quindi nel romanzo “Io c’ero” pubblicato da Dario Flaccovio editore e presentato, venerdì 9 marzo, alla Feltrinelli di Palermo. Ospite d’eccezione, l’inviata di Striscia la notizia Stefania Petyx che ha dialogato con Valentina Gebbia e Nunzio Giangrande. Tutti e tre i protagonisti, inoltre, si sono presentati al pubblico indossando la classica coppola, entrando così nel vivo del racconto, svelando poi alcuni aneddoti e curiosità.

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Valentina Gebbia, Stefania Petyx, Nunzio Giangrande

Una testimonianza trasformata in un libro sul quale, pur se passati tanti anni, si indaga alla ricerca della verità. «Nessuno a distanza di tempo può parlare di verità – ha detto Stefania Petyx –  ma c’è sempre tempo per ricercarla. Quando la morte è così vicina, quasi non la si teme più, così un personaggio che “c’era” racconta di Salvatore Giuliano, e nel libro viene fatto un interessante sunto sul periodo storico, chiaro, breve e preciso, con la storia di Giuliano vista da colui che allora era un bambino, che di storia ne vedeva una parte, e parla quindi di un suo eroe, qui chiamato Turiddu».

«Così la so la storia, e così la racconto»: questo è quanto dice all’inizio dell’intervista, pubblicata in un primo video a cura di Valentina Gebbia, il testimone. Tanti sono gli aspetti venuti a galla durante questi dialoghi, ad esempio il fatto che Giuliano non avrebbe sparato a Portella della Ginestra, definita una “strage ordinata”, e che lui fosse buono e generoso con tutti.  «Io ho tirato fuori le mie teorie di criminologo, tra le tante testimonianze di chi ha conosciuto Giuliano, dicono tutti che era un buono, poi ritrovatosi bandito»: ha aggiunto a tal proposito Nunzio Giangrande.

Tra gli aspetti più misteriosi della vicenda Giuliano, vi è la data della sua morte e del cadavere seppellito a Montelepre. «Io non ho mai creduto che Giuliano sia stato ammazzato il 5 luglio a Castelvetrano – svela nell’intervista video il testimone – lui il 6 luglio era a Borgetto». Tra le tesi che confermerebbero questa ipotesi, vi è la testimonianza dell’anziana sarta di Giuliano, raccolta dagli autori, che confermerebbe la sua altezza in metri 1,77, mentre la salma sepolta a Montelepre misura 1,65 metri.

«Da romantica, mi sono ritrovata a ripercorre questa figura di Giuliano che mi ha sempre intrigato, e che vedo come un classico personaggio da romanzo – ha spiegato l’autrice Valentina Gebbia -. Sono stata contattata da Giangrande che mi disse: “guarda c’è questo signore che ha bisogno di parlare”, poi l’ho conosciuto ed è davvero tenerissimo con questa sua fame di verità. È rimasto come quel bambino che è dovuto andare via dalla Sicilia».

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Un altro momento della presentazione del libro alla Feltrinelli di Palermo

Tante sono le teorie su Salvatore Giuliano ed ognuno ha la sua verità. Partendo dalle testimonianze, gli autori hanno anche consultato numerosi libri relativi agli anni che vanno dal 1943 al 1950, poiché il periodo di riferimento era quello.

Il testimone racconta poi di un diario che Giuliano portava sempre con sé, dove nel quale – lui dice – «ha posto la sua condanna a morte». In questo diario, Giuliano annotava ogni cosa, e non è mai stato ritrovato.

 

 

 

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