Tra breve il popolo italico verrà chiamato a scegliere chi ci dovrà governare per i prossimi cinque anni. Dalle premesse che si intravedono all’orizzonte, la frase “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima” di gattopardiana memoria mi sembra calzare a pennello; Tomasi di Lampedusa ci azzeccherà ancora una volta.
Secondo i sondaggi, la legge elettorale appena approvata dall’attuale parlamento non permetterà la governabilità, a meno che non vi siano inciuci ma si sa che in politica nulla è scontato.
Al momento neanche si sa quante forze politiche si presenteranno agli elettori, gli attuali politicanti sono in fibrillazione; certamente ci saranno tre schieramenti che sulla carta dovrebbero fare da padroni, mentre nulla si sa di preciso sulle cosiddette forze minori. Queste ultime sanno benissimo che, se non troveranno un accordo con le forze maggiori, hanno poche possibilità di poterla spuntare rischiando di non beccare neanche un seggio.
Tra la probabile coalizione di centro-destra e quella di centro-sinistra potrebbe spuntarla quella dei pentastellati, formazione nuova che ancora non si capisce da che parte stia e cosa voglia fare quando sarà grande, ma con la nuova legge elettorale difficilmente riuscirà a spuntarla.
È tutto un fermento, tutte le forze politiche dicono cose per poi smentirle subito dopo, anche uomini dello stesso partito si smentiscono l’un l’altro e il povero elettore è chiaramente smarrito. Secondo il mio parere vincerà ancora una volta il partito dell’astensionismo, la confusione regna sovrana tanto che ci ritroveremo davanti a un elettore medio che non saprà più per chi votare.
Le forze politiche che si sono succedute in questo ultimi decenni ci hanno deluso. Provata prima la coalizione del cosiddetto centro-destra e poi provata la controparte, quella del cosiddetto centro-sinistra, l’elettore smarrito si è chiesto “ma la differenza qual è?” In effetti, devo ammettere, che differenze sostanziali non ce ne sono state a parte qualche svarione; quindi l’opinione dell’uomo – cosiddetto – di strada è: “sono tutti uguali”, di conseguenza a cosa serve votare se poi i risultati sono sempre eguali?
Il popolino la prende sempre in quel posto, in quel posto che sta quasi sempre all’ombra per intenderci.
Che fare, quindi?
La soluzione ovvia è quella di non andare più a votare.
Ma, mi chiedo e vi chiedo, è giusto non andare a votare e fare decidere agli altri quello che dovremmo decidere noi?
Personalmente sarei tentato di fare parte della cosiddetta maggioranza silenziosa. Sino ad ora ho sempre fatto il mio dovere per tutte le consultazioni, anche quelle “minori”, vedasi alcuni referendum nei quali la volontà popolare non è stata quasi mai rispettata come ad esempio quello riguardante l’acqua pubblica, votata a furor di popolo ma mai applicata.
Nelle ultime tornate elettorali spesso mi sono recato al seggio, come hanno fatto molti altri elettori, turandomi il naso, cercando di votare quel partito e/o coalizione che sembrava il meno peggio valutando i vari programmi proposti (anche se sapevo che pur di essere votati i vari politicanti promettevano anche la luna nel secchio). Ma oggi mi sono rotto di turarmi il naso, vorrei scegliere chi per me può veramente governare per il bene pubblico, per l’interesse di tutti gli italiani, in special modo per quelli che stanno peggio e soprattutto per dare un futuro ai nostri giovani, giovani che spesso, per poter emergere o trovare un lavoro con cui vivere dignitosamente, sono costretti a cercar fortuna fuori dal nostro paese.
UTOPIA?
Lo so la mia è pura utopia, ma io voglio continuare a crederci, anche se sono consapevole che i poteri forti, le lobby, le multinazionali e simili non permetteranno mai e poi mai di fare certe riforme a favore dei più deboli, loro sono una élite ben rodata che gestisce il destino del mondo.
Ma mai dire mai, dobbiamo provarci e soprattutto crederci.
Ai posteri l’ardua sentenza. Staremo a vedè.