Collesano (Pa) 29.03.2017 – Il prossimo 2 aprile, nel corso di una manifestazione, alla quale il direttivo guidato dal conservatore Michele Gargano ha dato il titolo di “Dedicato a…Antonio Pucci Di Benisichi”, verrà ricordata la figura di quest’uomo eclettico, schietto e senza peli sulla lingua che fu lo “zio Antonio”, così infatti amavano chiamarlo, ed io tra questi, le persone che riuscivano a fare breccia nel suo cuore e al quale si legavano in maniera indissolubile.
La manifestazione inizierà alle 17 alla presenza di Nino Vaccarella, Angelo Pizzuto Presidente dell’ACI Palermo e dell’Ente Parco delle Madonie, di Armando Floridia e di Gianfranco Pucci Di Benisichi.
Nato a Petralia Sottana il 29 agosto 1923, amò, sin da ragazzo, la vita semplice, la campagna delle sue Madonie, le belle donne e le auto da competizione. Una passione, quest’ultima, che inizialmente coltivò di nascosto ai famigliari e che poi, una volta venutane a conoscenza la madre……… ebbe un fortunato epilogo. Nella storia sportiva e umana, almeno sino al 1° aprile 1951, data della sua morte avvenuta in gara, durante la XI^ edizione del Giro Automobilistico di Sicilia, ebbe parte importante mio nonno materno, Francesco “Ciccio” Faraco.
Fu infatti questi che, convocato dalla madre di “Zio Antonio”, si sentì chiedere “Don Ciccio, mi dica una cosa: è vero che lei e mio figlio correte con le auto?” mio nonno rispose, con un po’ d’imbarazzo, di si e la Baronessa proseguì “e con quale auto correte?” l’imbarazzato Faraco rispose “Con una Fiat 1100 modificata dai Fratelli Lombardo” e a quel punto la Nobildonna esclamò “Dobbiamo trovare una macchina più seria per mio figlio Barone di Benisichi, il quale se proprio ha deciso di ammazzarsi, non lo può fare al volante di un ferro vecchio – e proseguì – mi dica Don Ciccio – qual è al momento la macchina migliore sul mercato?”, mio nonno rispose “Ce ne sono tante, dalla Ferrari alla Maserati, dalla Stanguellini alla Cisitalia ma – proseguì Ciccio – la macchina più adatta allo stile di guida e a uno che corre da poco, come nel caso del Barone Antonio, credo che sia quest’ultima, la Cisitalia, appunto, prodotta a Torino da Piero Dusio”. Quell’auto, il modello 202 SMM “Nuvolari”, per l’esattezza, era allora una macchina leggera, filante, curata nell’aerodinamica e capace di prestazioni di un certo rilievo e, pur costando, allora, quanto un palazzetto nobiliare, venne acquistata dalla Baronessa per il figlio – pilota.
Insieme a Ciccio Faraco telefonarono a Piero Dusio e con lui concordavano il ritiro della vettura a Torino dove mio nonno stesso si recò a prenderla portarla a Palermo e prepararla per le gare.
La coppia Antonio Pucci – Francesco Faraco – forte dell’esperienza, meccanica e di pilotaggio che mio nonno aveva accumulato, sin da prima del secondo Conflitto Mondiale, tanto che, nel 1935 prese parte, da meccanico-copilota di Costantino Magistri, alla 25^ edizione della Targa Florio, gara nella quale, con una Alfa Romeo 8C 2300, giunsero quarti al traguardo – iniziano infinite prove, diurne e notturne, sulle impervie strade delle Madonie e questo in preparazione, sia delle gare di velocità in salita che dell’ambito Giro Automobilistico di Sicilia, alcune tappe del quale, si svolgevano anche di notte.
Correre di notte non è facile oggi, figuriamoci allora, con i disagi della inesistente illuminazione della fine degli anni ’40 e con le strade spesso, anzi, quasi sempre, non asfaltate. Lo stesso “zio Antonio” mi raccontò “facevo spesso tardi la sera, mi piaceva la bella vita e così, quando sul tardi m’incontravo con tuo nonno per andare a provare, ero già stanco. Ciccio – proseguì nel suo racconto il Barone – metteva sotto al suo sedile un martello e non appena vedeva che mi stavo appisolando, lo tirava fuori e mi colpiva alla gamba con il manico di questo” Proseguendo nel suo singolare racconto, mi raccontò che mio nonno esclamava “Barone Antonio, se vossia, s’addummisci ni iamu ammazzari, vossia si deve riposare quando dobbiamo andare a provare”.
Le partecipazioni a diverse edizioni del “Giro Automobilistico di Sicilia”, dal 1947 al 1950, non furono fortunate e, nonostante le ottime prestazioni in alcune tappe della massacrante gara, spesso furono costellate da ritiri. Per uno strano caso del destino, fu proprio mio nonno, Francesco Faraco, a cogliere con quella Cisitalia, da lui curata nella meccanica, nell’officina di Via Sammartino, allora prestatagli da Antonio Pucci, un risultato di grande prestigio: il 7° posto assoluto, ottenuto nella X^ edizione, con copilota il castellammarese Rosario Montalbano, risultato che valse a mio nonno, il titolo di Campione Siciliano 1050, della classe 1100.
La carriera di “zio Antonio”, ebbe una sostanziale svolta con l’incontro dei vertici della Porsche, rinomata Casa automobilistica di Stoccarda, la quale tanto teneva ad imporsi alla Targa Florio. Importanti furono quindi i consigli che dispensò ai tedeschi e gli estenuanti collaudi che svolse, nelle vittorie di Umberto Maglioli, vincitore con la 550 nel 1956; di Barth – Seidel che vinsero nel 1959 con la 718K, di Bonnie – Hill che trionfarono nel 1960; di Bonnier – Abate, primi al traguardo nel 1963 con la 718RS, c’era lo zampino ed il sudore, silenzioso ed umile, di Antonio Pucci, tanto che, nel 1964, la Porsche volle premiarlo, affidandogli una splendida 904 che divise con l’esperto Colin Davis e con la quale il duo madonita-britannico, regalarono alla Casa di Stoccarda, la quinta affermazione nella gara allora, unitamente alla 24h di Le Mans ed alla 1000km del Nurburgring, più ambita.
Dello “zio Antonio”, il quale ci ha lasciati, il 15 luglio del 2009, ricorderò sempre l’aria affabile, il sorriso smagliante, la passione per la buona tavola, per gli animali e per l’arte e le belle giornate spesso trascorse nella sua tenuta di Calcarelli. Lui è stato, per quanto mi riguarda, la persona che, ancor più di mia madre, la quale quando mio nonno morì in gara a Priolo Gargallo, aveva appena sette anni, la memoria storica della vita e dell’attività sportiva di mio nonno Francesco Faraco ed anche per questo motivo, sono a Lui particolarmente legato.
Sono convinto che, se Antonio Pucci di Benisichi, fosse stato ancora in vita, gli occhialoni ed il foulard che la mia famiglia, su richiesta di Giacinto Gargano, fondatore del Museo della Targa Florio di Collesano e padre di Michele, attuale Conservatore, aveva affidato in comodato d’uso, si troverebbero ancora lì e non sarebbero stati da noi ritirati ma, questa è un’altra storia.
Nella foto: Antonio Pucci, primo a sinistra, con l’amico Pippo Madè, il figlio Rosario nostro collaboratore e Sandro Munari (Hotel Costaverde 2003 – Archivio Rosario Lo Cicero Madè)