“A furia di liberalizzazioni temo che qualcuno cominci a fare confusione e a convincersi che un supermercato possa diventare una farmacia e che una farmacia possa diventare un supermercato, una sorta di ‘non tutto ma di tutto’ o di ‘dalla A alla Z’ che tanto andavano di moda negli anni ’80”. Lo dice Roberto Tobia, presidente di Federfarma Palermo, esprimendo il “no” delle farmacie palermitane all’ipotesi che in via sperimentale possa partire in Sicilia il servizio di pagamento dei bollettini postali in farmacia, “un servizio – osserva Tobia – che nulla ha a che vedere con il ruolo della farmacia, centro di eccellenza sanitaria, terminale del servizio sanitario nazionale, porta d’ingresso del cittadino nel mondo della salute e non porta d’ingresso dell’ufficio postale! Solo in particolari situazioni potrebbe essere concepibile – magari in zone rurali o disagiate dove la farmacia é l’unico presidio pubblico rimasto aperto – che tale servizio possa essere erogato, in favore della cittadinanza”
“Le farmacie palermitane – spiega Tobia – sono assolutamente pronte ad evolversi e ad offrire sempre più servizi ai cittadini, ma senza mai snaturare la loro funzione sociale e soprattutto professionale. Il farmacista non a caso indossa un camice bianco: da professionista del farmaco, ha la responsabilità di essere al servizio di chi entra in farmacia, di ascoltare e di fornire consigli sul giusto utilizzo del farmaco. Non si limita a spedire ricette e a dispensare farmaci. In questo lavoro altamente qualificato e qualificante non c’è spazio per attività e servizi che non siano inerenti l’ambito sanitario. Questo non è il nostro ruolo! Queste proposte non hanno nulla a che fare con la nostra professionalità”.
“Le code – aggiunge Tobia – che, conformemente alla nostra professione, possiamo fare evitare ai cittadini, non sono quelle degli uffici postali, ma quelle dei Centri unici di prenotazione. E i sistemi informatici che possiamo utilizzare sono quelli che riguardano le prenotazioni di servizi e visite mediche presso le strutture sanitarie pubbliche e private, affinché il cittadino, soprattutto quello che non risiede nelle città, possa accedervi più facilmente sgravando gli uffici prenotazione delle Asp e degli ospedali ed evitando lunghi tragitti”.
“C’è infine una questione di coerenza – conclude Roberto Tobia – : se da un lato ci battiamo contro l’ingresso del capitale nelle farmacie e contro la vendita dei farmaci nella grande distribuzione, non possiamo dall’altro lato pensare di rubare il lavoro a poste pubbliche e private, banche e tabaccai. Se commettessimo un simile errore, daremmo ragione a chi ci vede solo come dei semplici commercianti. A quel punto sarebbe veramente difficile difendere la nostra posizione, volta ad impedire la vendita dei farmaci di Fascia C fuori dal canale farmacia: potremmo così rischiare che siano venduti anche nelle tabaccherie accanto a sigarette, caramelle e ‘gratta e vinci’ ”.