Secondo il SISTAM (Sistema statistico nazionale), relativamente all’anno 2015, a Palermo risiedono nel 26.647 stranieri (pari al 4% della popolazione), provenienti da ben 123 Paesi diversi, anche se i primi cinque Paesi (Bangladesh, Sri Lanka, Romania, Ghana e Filippine), da soli, coprono quasi i due terzi del totale degli stranieri. La comunità più numerosa è quella del Bangladesh, con 5.595 residenti, pari al 21% del totale degli stranieri.
Un interessante sottoinsieme degli stranieri residenti a Palermo è costituito dagli stranieri minorenni, e all’interno di questi dai cosiddetti immigrati di seconda generazione, ovvero i cittadini minorenni nati in Italia da genitori stranieri, e quindi di cittadinanza straniera, in base alla vigente legislazione, che non
prevede lo ius soli. A Palermo, su 5.318 stranieri minorenni, 4.034, pari al 75,9%, sono nati in Italia. Di questi, 3.817, pari al 71,8%, sono nati a Palermo.
“Palermo – dichiarano il sindaco Orlando, l’assessore alla Partecipazione, Giusto Catania e il presidente della Consulta delle Culture, Adham Darawsha – con la Carta sulla mobilità internazionale come diritto umano e con la Consulta delle Culture si conferma capitale di accoglienza, città interculturale, attenta alla contaminazione e rispettosa delle diverse identità che hanno scelto la nostra città come luogo delle propria residenza. La consulta delle culture in questi anni ha dato voce e spazio di partecipazione politica a tutte le comunità della città. I dati statistici confermano l’assurdità e l’arcaicità della legge italiana sulla cittadinanza che, dopo 24 anni, mostra limiti evidenti: Come si fa a definire stranieri ragazzi nati in Italia che frequentano le nostre scuole e sono, da tempo, parte integrante ed attiva della nostra società? Abbiamo chiesto, in occasione della sua recente visita a Palermo, alla presidente della Camera, Laura Boldrini, di adoperarsi affinché il Parlamento scelga presto di modificare il testo della legge, facendo diventare italiani tutti coloro i quali nascono o scelgono di vivere in Italia”.