lunedì, 25 Novembre 2024
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Francesco Giunta chiuderà “Ascoltare – La città, i nuovi venuti, i bambini, i Maestri”

Sarà Francesco Giunta, fra i più apprezzati autori e interpreti del canto in dialetto contemporaneo, a chiudere l’evento“Ascoltare – La città, i nuovi venuti, i bambini, i Maestri”, l’evento del 3 dicembre, ore 17 al Teatro Biondo, che inaugurerà il nuovo anno del Dottorato in “Studi letterari, filologico-linguistici e storico-culturali” del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo.

Per l’occasione, Giunta canterà uno dei suoi brani più noti, Li varchi a mari, estremamente evocativo del tema centrale della manifestazione. Come ama ripetere l’artista siciliano, “vivere è spesso affrontare in solitudine le insidie di un mare sconosciuto e le sue improvvise tempeste. Da sempre l’ʹuomo nel suo dover navigare affronta questa sfida cercando nel cielo sostegno e conforto”.

Il navigare per accorciare le distanze è al centro di “Echi della lunga distanza”, lo spettacolo dei minori stranieri non accompagnati della Scuola di Lingua italiana per Stranieri (regia di Yousif Latif Jaralla) che aprirà il pomeriggio. L’esibizione di Francesco Giunta chiuderà un pomeriggio che vedrà  anche gli interventi di Franco Lorenzoni e Tullio Telmon. La relazione dei due ospiti precederà la consegna della medaglia di “Benemerito dell’Ateneo di Palermo” al professore Giovanni Ruffino, decano della scuola di linguistica italiana dell’università di Palermo e presidente del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani.

Non poteva, dunque, mancare la musica di un artista come il maestro Giunta  per chiudere una giornata dedicata all’apertura culturale e all’inclusione linguistica. Aggiungendo alle tante lingue straniere dello spettacolo, come bangla, walof, bini, francese, jola, italiano e inglese anche il dialetto siciliano. “Gli artisti palermitani arrivano dal disagio, dalla fame. Il nostro teatro popolare ha il marchio della disperazione – aveva detto Giunta in un’intervista rilasciata qualche anno fa – E siamo più poveri. Di lingua e di memoria”.

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