Studenti, insegnanti, tirocinanti, operatori del sociale, ragazzi e ragazze di tutto il mondo giunte a Palermo per lavorare e studiare, ma anche cittadini che hanno voluto manifestare la loro sensibilità ai temi dell’accoglienza e dell’inclusione sociale. In tantissimi si sono ritrovati, ieri pomeriggio, nella stracolma aula 101 del Complesso Sant’Antonino dell’Università di Palermo, per il tutto esaurito della performance “Echi della lunga distanza. Laboratorio. Letture dopo lo sbarco”, con il coordinamento artistico di Yousif Latif Jaralla ed in scena alcuni dei minori stranieri non accompagnati inseriti da mesi nei programmi di inclusione linguistica della Scuola di Lingua italiana per Stranieri (ItaStra – Università di Palermo). Un pubblico variegato che si è anche seduto per terra pur di ascoltare le storie di viaggi della disperazione e di sbarchi della speranza raccontati dalla viva voce dei giovani protagonisti. Tantissimi quelli che non sono riusciti ad entrare e che potranno vedere lo spettacolo in una delle prossime repliche.
Le foto di Antonio Gervasi e le musiche di Riccardo Palumbo sono stati realizzati dai due artisti appositamente per questo spettacolo.
Nei panni di attori Sadik, Ama, Rosemarym, Mad, Khlifa, Amadou, Saikou e Kirolos. Hanno dato voce alle storie di molti coetanei che, come loro, hanno attraversato da soli il Mediterraneo. Un lungo viaggio alla ricerca di una vita diversa, che è stata trovata e che è stata raccontata al pubblico in sala. Un album di ricordi con schegge di vita tra i banchi di ItaStra, che li accolti sin da subito al loro arrivo a Palermo con corsi di lingua italiana. Ma anche tra i luoghi simbolo della città, nei campetti di calcio di Mediterraneo Antirazziasta o nelle visite guidate nel territorio. I frammenti fotografici della nuova vita si sono intrecciati durante la performance con i ricordi della vecchia, lasciata al di là del Mediterraneo.
Come quella della giovanissima Maris che in Nigeria ha salutato sua madre. Spera di poterla portare in Italia grazie ai soldi che potrebbe guadagnare nel giorno in cui realizzerà il suo sogno: aprire un negozio. E poi c’è il disertore. Non vuole che gli si chieda come vive in Italia: fa le stesse cose ogni giorno. Vuole che gli si chieda perché è scappato, come e con chi è giunto in Italia.
E poi c’è anche la narrazione di quei momenti tragici della traversata, tra onde alte come palazzi e una barca con cento persone sopra. Ma alla partenza erano in 250. E chi è sopravvissuto ai tre giorni di torture in mare è stato spogliato dalle onde.
Queste sono solo alcune delle storie narrate ieri pomeriggio tra applausi, commozione e lingue diverse che si intrecciavano per dare ancora più autenticità a quei vissuti tragici ma carichi di speranza.
“Se vuoi giudicarmi, indossa le mie scarpe” ha detto alla fine dello spettacolo il narratore e regista iracheno Yousif Latif Jaralla, curatore artistico dello spettacolo. Perché solo mettendosi nei panni dei giovani migranti si potrà, forse, comprende il loro vissuto e la voglia di un nuovo futuro al di là delle coste della Libia.
A seguire i tre previsti laboratori di tecniche didattiche per l’apprendimento linguistico condotti da docenti della Scuola di Lingua italiana per Stranieri: l’Autobiografia linguistica, il Total Physical Response e Fonetica e teatro. Alla fine dei laboratori, i volti rilassati dei partecipanti che lasciavano alla spicciolata il complesso di S. Antonino. Come Alessandra, una tesi sull’autobiografia linguistica nei testi letterari in corso di redazione: “Il modo migliore per chiudere un pomeriggio iniziato con l’intensa performance dei ragazzi. Torno a casa riempita di tanti stimoli e suggestioni che adesso ho bisogno di mettere in ordine per assaporarli ancora di più ed utilizzarli nel mio percorso formativo”.