Solo una minima parte dei beni confiscati alla criminalità organizzata e nella disponibilità del patrimonio dell’Agenzia nazionale viene definitivamente assegnata. E’ necessario, pertanto, velocizzare l’iter. In proposito, il prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alla mafia, intervenendo al Festival del Lavoro a Palermo, si è detto convinto che “i magistrati non possono agire da soli, ma già nella fase d’indagine e in quella successiva di verifica dell’attività imprenditoriale, vanno affiancati da consulenti ed esperti, perché la materia delle aziende confiscate è vastissima e complessa”.
Postiglione ha fornito dati ufficiali: “In ordine ai numeri roboanti che girano, abbiamo notizia di 10.500 beni immobili e 700 aziende confiscati. Infatti, dei tantissimi beni sequestrati, in media solo il 30% arriva a confisca. Rispetto ai 30 anni precedenti alla mia gestione, quando si assegnavano in media 500- 600 beni l’anno, nell’ultimo anno abbiamo assegnato 3.100 beni. Fra questi, 30mila metri quadri per gli archivi del Tribunale di Palermo, 30mila metri quadri per gli archivi del Tribunale dei minori di Palermo, centinaia di alloggi di servizio per le forze dell’ordine e 50 appartamenti al Comune di Palermo che, con un contributo di Palazzo delle Aquile, saranno assegnati ai senzacasa”.
“Non è vero – ha incalzato il prefetto Postiglione – che le aziende in amministrazione giudiziaria falliscono. I supermercati confiscati a Grigoli in Sicilia stanno riaprendo tutti e stanno riassumendo i lavoratori. L’Hotel San Paolo Palace di Palermo, da me affidato ad un nuovo amministratore e ad un nuovo direttore, è passato da una perdita di 300mila euro l’anno ad essere sempre pieno e ad avere riassunto i 10 dipendenti. Non si tratta di dovere dare lavoro solo perché lo faceva la mafia, ma di costruire nuovi percorsi di crescita professionale attraverso l’utilizzo dei beni confiscati”.
Infine, una provocazione del direttore dell’Agenzia: “Durante l’audizione in commissione Antimafia, ho detto che a Scampia, grazie ad una legge dello Stato, è stata costruita un’isola del disonore: si è ritenuto di risparmiare costruendo un ghetto nel quale rinchiudere quella gente. Oggi per quel ghetto si paga un altissimo costo sociale. Nella sola Palermo abbiamo ancora 3mila abitazioni. Ho proposto di riutilizzare palazzi e appartamenti per farne case popolari. Ma invano. Forse non si fa perché non stanno raggruppati nello stesso posto, non si può creare un ghetto”.
Quattro proposte di modifica normativa arrivano dai consulenti del lavoro: “Non augurerei al mio peggior nemico di fare l’amministratore giudiziario – ha dichiarato Vincenzo Barbaro, presidente dell’Ordine di Palermo – . L’azienda affidata non sta in piedi e spesso è piena di personale. Ma l’amministratore giudiziario non è un mago, stretto com’è fra i limiti dei contratti collettivi di lavoro, il Durc negativo per i contributi non pagati che blocca la riscossione dei crediti e la partecipazione alle gare. Insomma, impossibile stare sul mercato, non c’è alternativa al licenziamento. Noi proponiamo quattro modifiche normative che, partendo dall’art. 8 della legge 148, diano il tempo di riallineare l’azienda confiscata alle regole di mercato: potere applicare ammortizzatori sociali adeguati; rinegoziare per un certo periodo i contratti di lavoro, la retribuzione e la contribuzione; rivedere il Durc per consentire di incassare i crediti con i quali potere pagare fornitori e contributi; prolungare il periodo di riallineamento lavorativo e delle norme di sicurezza”.
Sulla stessa linea, Stefania Pellegrini, direttrice del master in Gestione dei beni confiscati intitolato a Pio La Torre presso l’Università di Bologna, e Maria Luisa Campise, del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili, hanno chiesto maggiori strumenti per consentire agli amministratori giudiziari di svolgere meglio il loro lavoro.
Daniele Marannano, presidente di AddioPizzo, ha presentato la nuova App per aiutare i consumatori ad individuare il migliaio di esercizi “pizzo free” e ha ricordato che per trovare i fondi necessari a ristrutturare la propria sede, confiscata al boss della Kalsa Masino Spadaro e ricevuta nel 2007, sono occorsi ben tre anni, tale era lo stato di degrado del bene. Per cui ha auspicato una riduzione dei tempi che intercorrono fra il sequestro e l’assegnazione dei beni, spesso abbandonati ed esposti a vandalismo. Pino Maniaci, direttore di Telejato, emittente Tv di Partinico, nei pressi di Palermo, più volte minacciato e aggredito per le sue denunce su mafia e malaffare, ha criticato la gestione degli amministratori giudiziari riportando un dato nazionale: la chiusura delle tante aziende confiscate alla criminalità organizzata ha comportato la perdita di 80mila posti di lavoro. Infine, per Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, è quanto mai opportuno che il provvedimento del governo Renzi sulla criminalità economica diventi legge al più presto e che siano anche riviste le norme sul funzionamento dell’Agenzia nazionale.