“Presentiamo oggi i preziosi lavori di recupero e restauro della Casina Cinese (nota a tutti come la “Palazzina Cinese”) ed entriamo nel merito degli interventi effettuati. Lo facciamo grazie a una pubblicazione molto dettagliata e approfondita che testimonia il lavoro svolto dalla Regione Siciliana per mantenere e valorizzare questo straordinario edificio, unico e originale. Un altro tassello di quell’opera di recupero e valorizzazione della memoria su cui è quotidianamente impegnato il Governo regionale. Nel futuro di Palermo non può non esserci un collegamento stabile, da offrire ai visitatori, tra la Palazzina Cinese, e l’annesso Museo etnografico Giuseppe Pitrè”.
Lo ha detto l‘Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, aprendo i lavori di presentazione del volume “Itinerari dei beni culturali. La Casina Cinese nel Parco della Real Favorita a Palermo” al Museo archeologico regionale Salinas.
Il volume, con testi in italiano e inglese, è stato realizzato con risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione per il CRICD, Centro regionale per la Catalogazione e Documentazione; la realizzazione è stata curata da Giulia Davì ed Eliana Mauro che hanno riportato nel testo anche gli studi e le analisi storico-critiche di questa particolare architettura, considerata una delle più riuscite applicazioni di tipologie e repertori cinesi in Europa. Presenti all’incontro, la Dirigente generale dei Dipartimento Beni Culturali, Mariella Antinoro, la Direttrice del Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione, Laura Cappugi, la Soprintendente dei BB.CC.AA. di Palermo, Selima Giuliano e Caterina Greco, Direttrice del Museo Archeologico regionale “Antonino Salinas”.
La Casina Cinese
Costruita originariamente per il barone Benedetto Lombardo della Scala intorno al 1790), viene acquistata dalla famiglia reale borbonica in previsione dei soggiorni in Sicilia a seguito dell’occupazione napoleonica (una prima volta dal 1798 al 1802, una seconda volta dal 1806 al 1815). Nella versione riformata del 1799 che ne fa Giuseppe Venanzio Marvuglia per Ferdinando III di Borbone, la Reale Casina Cinese, con il suo Parco della Favorita sito nella piana dei Colli.
L’edificio attuale, frutto di due successive stesure settecentesche contrassegnate da sostanziali modifiche, mantiene ancora oggi il rapporto preferenziale con i giardini contigui, il viale d’accesso con aiuole all’italiana, il parterre alla francese, il giardino all’inglese. Il contiguo volume delle scuderie, con la cappella, l’alloggio degli inservienti e le cucine, ospita oggi il Museo Etnografico siciliano Giuseppe Pitrè.
Ferdinando III e Maria Carolina d’Austria commissionano per la Casina un apparato decorativo senza soluzione di continuità: l’interno venne riccamente decorato, fino al 1805, da Benedetto Cotardi, pittore di scenografie neoclassiche e da Giuseppe Velasco, principale autore insieme a Vincenzo Riolo delle ambientazioni e dei personaggi cinesi del piano principale. Ogni camera venne arredata, non soltanto con mobilia proveniente dalle residenze reali d’oltre stretto ma anche con i raffinati prodotti degli ebanisti locali, ai quali si devono i mobili in stile cinese, tutti eseguiti sotto la direzione di Alessandro Emanuele Marvuglia (figlio di Giuseppe Venanzio) e dall’ebanista Gaetano Spinoso, comprese le travature lignee scatolari delle terrazze.
Nell’edificio compaiono anche i temi connessi ai ritrovamenti delle rovine di Ercolano e Pompei.
Le sale cinesi costituiscono l’intero appartamento del re al piano rialzato (ingresso, salone delle udienze, sala da pranzo, salone del letto con baldacchino) e la specola al piano più elevato; le sale neoclassiche si trovano sul piano cantinato (sala, salone da ballo, sala da bagno), l’appartamento della regina si trova al primo piano (salotto, camera da letto con alcova, saletta da toilette). Completano la residenza reale il salotto turco del piano della regina, il più modesto appartamento dei cavalieri al piano ammezzato e la stanza di servizio della tavola da pranzo al piano cantinato collegata, attraverso un corridoio sotterraneo, alle cucine. Sulla sommità vi è la Sala dei Venti, realizzata con struttura leggera (muri lignei a sandwich), che costituiva l’osservatorio del re. Al piano principale appartiene anche la sala da pranzo con la cosiddetta “tavola matematica”, progettata da G. V. Marvuglia, vero automa dell’epoca il cui pezzo centrale e i piatti d’argento, attraverso un sistema meccanico di funi, carrucole e ingranaggi, potevano scendere e salire dal piano inferiore fino alla stanza da pranzo, evitando così ai commensali la presenza di inservienti.