Sono sempre più numerosi i venti – trentenni d’Italia che, stanchi dei continui fallimenti lavorativi in madrepatria, volgono lo sguardo e la valigia, al ben più invitante Regno Unito per cercare fortuna. Antonino Santonocito, Nino, per gli amici, trentunenne palermitano, è partito qualche mese fa per la volta del paese di Elisabetta II. È un ragazzo come tanti, diplomato al Liceo Scientifico “Einstein” di Palermo, ed ha svolto numerosi lavori nel campo della ristorazione nella nostra città. Compone origami per hobby ed è un grande appassionato di fumetti, in particolare di manga giapponesi. Prima di quest’anno, non aveva mai visitato L’Inghilterra; ma un viaggio di piacere, effettuato in Agosto, lo ha convinto a tentare la fortuna a due ore da Londra, nella piccola, ma frequentatissima, Henley on Thames.
Qualche giorno di attesa e si è subito ambientato: ha trovato lavoro ed un posto in cui abitare, un’equazione sempre meno frequente per la controparte italiana. La decisione di “mollare tutto per ricominciare daccapo” lo ha raggiunto in pochissimi giorni. Poi, documenti in mano e molte, molte speranze in spalla, ha preso un aereo in una sera di Dicembre, salutando il Bel Paese e tutti i suoi cari. Ma quanto coraggio ci vuole per un gesto del genere? Noi di Giornalecittadino gliel’abbiamo chiesto per voi.
Nino, come va la vita a Reading, finora?
Abbastanza bene, grazie. Passati i primi, inevitabili momenti di adattamento, posso finalmente dire che la ruota cominci a girar per il verso giusto. Ho trovato un impiego ed una stanza nel giro di due settimane, e adesso vivo per conto mio a qualche chilometro da Londra. È un lusso che la maggior parte dei miei coetanei non può vantare, purtroppo.
Di cosa ti occupi?
Sono aiuto chef in una tavola calda a Henley on Thames, una cittadina portuale a due ore dalla Capitale. Faccio otto ore al giorno, con la possibilità di fare degli straordinari, e sono già sotto contratto.
È stato difficile trovare lavoro?
Dire che due settimane, il tempo che ci ho messo io, è tanto a qualunque italiano sembrerebbe assurdo ma sì, per gli standard del posto quindici giorni non sono pochi per questo tipo di impiego. Imputo il “ritardo” occorso alla mia imperfetta capacità di parlare in Inglese; se fossi stato un po’ più sicuro con la Lingua, chissà. Magari avrei evitato un paio di difficoltà, specie nei primissimi tempi.
Eppure si legge sempre più di frequente di chi, Dall’Inghilterra, torni a mani vuote…
So anch’io di amici e conoscenti costretti a rimpatriare senza aver trovato nulla; ma la mia esperienza dice il contrario. Io ho sempre lavorato nel campo della ristorazione, e forse questo ha convinto il principale a darmi una possibilità, buon Inglese o no.
Ci racconteresti la tua giornata tipo, lì ad Henley?
Mi alzo molto presto per prendere i mezzi pubblici; io divido una stanza al Nord di Reading e ci vuol circa un’ora per raggiungere il locale. Prendo un autobus e un treno, che fortunatamente funzionano bene e mi consentono di timbrare il cartellino alle nove, l’orario di entrata. Lavoro fino alla pausa pranzo, poi fino alle 17:00. Stessa routine motoria dell’andata, e casa. Ho un paio di giorni liberi alla settimana, il che non guasta. L’ambiente di lavoro, comunque, è allegro e spensierato. Si lavora molto, ma divertendosi.
Cosa diresti a chi volesse seguire le tue orme? Hai dei consigli pratici da dare ai tuoi coetanei?
Prima di tutto, è ovvio: procuratevi una piccola quantità di CV in Inglese, formato europeo. L’Inghilterra preferisce il Passaporto alla Carta d’Identità, per alcuni facile da contraffare. E, ultimo ma non meno importante, prendete appuntamento con l’apposito ufficio di Oxford per l’Insurance Number: gli Inglesi non assumono senza di esso. E, ovviamente, abbiate fiducia in voi stessi e non scoraggiatevi dinanzi ai primi fallimenti: per come ce l’ho fatta io, potrete fare anche voi.