sabato, 21 Dicembre 2024
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La Sicilia “trema” sotto i venti di guerra provenienti dalla Libia occupata dall’Isis

Risale al 15 aprile dell’86 la paura per la Sicilia dei venti di guerra in arrivo dalla Libia, quando il dittatore Gheddafi fece lanciare 2 missili Scud contro Lampedusa, sede di un centro Loran della Guardia Costiera Statunitense. Fortunatamente, i missili non arrivarono sulll’isola, ma impaurirono gli italiani e soprattutto i siciliani. Da quel momento la storia la ricordiamo tutti fino alla pace fatta tra Italia e Libia.

Ma, dalla caduta di Gheddafi, che governò per 42 anni e fu deposto nel 2011, fazioni e milizie armate si fronteggiano e rendono la situazione del paese ingovernabile. E così oggi la Sicilia, che dista circa 350 chilometri da Tripoli, torna a “tremare” stavolta sotto la minaccia del progetto di espansione degli jihadisti che,  istituito nella Cirenaica il “Califfato di Derna”, puntano progressivamente verso l’ovest del Paese dopo aver preso anche Sirte che si trova a 400 km dalla capitale Tripoli. Ad essere minacciate sono anche le due principali città libiche, Bengasi e Tripoli.

Che la minaccia dell’Isis fosse dietro l’angolo, ne eravamo stati informati dal governo il primo febbraio. Infatti la Farnesina, in seguito all’attacco terrorista del 27 gennaio all’Hotel Corinthia di Tripoli, in cui erano rimaste uccise numerose persone, inclusi sei stranieri, attraverso il sito www.viaggiaresicuri.it, aveva invitato i connazionali a non recarsi in Libia o a lasciare il paese arabo.

La situazione, di ora in ora, si fa sempre più drammatica al punto che l’ambasciata italiana a Tripoli, visto peggioramento delle condizioni di sicurezza ha sospeso le sue attività ed ha rimpatriato il personale, garantendo esclusivamente i servizi essenziali per gli italiani rimasti sul territorio libico

Secondo la stampa maltese, gli italiani, compreso l’ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Buccino, sono stati imbarcati alle 12:15 circa sul catamarano ‘San Gwann’ della compagnia Virtu Ferries, noleggiato dal governo italiano, diretti verso il porto di Augusta, dopo avere fatto scalo a Malta per il rifornimento di carburante.

A seguire le attività di imbarco sono stati i circa 30 carabinieri in forze all’ambasciata italiana. A scortare l’imbarcazione nel difficile viaggio, le navi della Marina Militare sotto il controllo di un aereo senza pilota Predator dell’Aeronautica Militare.

“Il peggioramento della situazione (in Libia) – ha annunciato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – richiede ora un impegno straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità, secondo linee che il governo discuterà in Parlamento a partire dal prossimo giovedì 19 febbraio ed è pronta a fare la sua parte in Libia nel quadro delle decisioni dell’Onu “.

“L’Italia – ha dichiatato il ministro della Difesa Pinotti in un intervista al ‘Messaggero’ – è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”.

Secondo Berlusconi, “un intervento di forze militari internazionali, sebbene ultima risorsa, deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione. Accogliamo con favore l’intento del Governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo” (n.d.r.).

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