Il governo giapponese rilascerà nelPacifico l’acqua contaminata che fino ad oggi è stata impiegata per raffreddare i reattori danneggiati dall’incidente nucleare di Fukushima. La comunicazione è stata data dal premier Yoshihide Suga, malgrado la netta opposizione dell’opinione pubblica, dei movimenti ecologisti, dell’industria della pesca e dei rappresentanti dell’agricoltura locale. La decisione giunge dopo 10 anni esatti dalla catastrofe del marzo 2011.
La manutenzione giornaliera della centrale di Fukushima produce 140 tonnellate di acqua contaminata, che, anche se viene trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Poco più di 1.000 serbatoi si sono accumulati nella area adiacente all’impianto, l’equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power, le cisterne raggiungeranno la massima capacità consentita entro l’estate del 2022. Lo scarico delle acque inizierà tra due anni e durerà decenni.
Il disastro di Fukushima avvenne a causa del terremoto di magnitudo 9 ed il successivo tsunami, che provocò il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all’interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le emissioni di radiazioni. Un danno incalcolabile per la popolazione e per tutto l’ambinte circostante con ripercussioni della durata decennale ed oltre.
La Cina e la Corea del Sud hanno criticato con forza la decisione del Giappone. Tokyo ha ribadito la sicurezza dell’operazione anche con l’ausilio del sostegno dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica che ha definito la mossa simile allo smaltimento di acque reflue negli impianti nucleari in altre parti del mondo. Il processo comunque avrà inizio con molta probabilità non prima di diversi anni.