Il 25 aprile ricorre la festa della liberazione. È una data fondamentale della storia italiana, poiché coincide con la fine del ventennio fascista e la liberazione dai nazisti, avvenuta appunto il 25 aprile 1945.
È stato proprio in questa giornata che, il movimento partigiano, costituito da uomini, donne, ragazzi, soldati, sacerdoti, contadini, socialisti, cattolici, comunisti, decideva di impegnarsi per porre fine al fascismo e fondare una democrazia, basata sul rispetto dei diritti umani e della libertà individuale.
Il ruolo delle donne nel movimento di Resistenza, è stato rilevante, anche se a lungo misconosciuto. Il loro impegno si accompagnava alla definizione di una nuova prospettiva che guardava al di là della propria famiglia e dei propri affetti.
Oltre a combattere, le donne esercitavano la funzione di staffette, portando ordini, messaggi, cibo, a volte anche armi. Al buio, al freddo, sotto le intemperie, camminavano per chilometri e chilometri, nelle strade e nei sentieri dei boschi. Il continuo rischio di essere intercettate dal nemico e di conseguenza arrestate, violentate e torturate, rendeva queste donne forti dentro, pienamente coscienti del ruolo che svolgevano.
Arrigo Boldrini, comandante, nome di battaglia “Bulow”, scrisse: “Senza le donne noi (partigiani) non avremmo fatto niente”. Ed è vero. Senza il contributo delle donne la Resistenza non sarebbe riuscita a mettere le radici in Italia. Nel diario partigiano, Ada Gobetti (moglie dello studioso e attivista Piero Gobetti, morto nel 1926, fiaccato dai postumi di un’aggressione squadrista) racconta: “nella Resistenza la donna fu presente ovunque: sul campo di battaglia come sul luogo di lavoro, nel chiuso della prigione come nella piazza o nell’intimità della casa.
Non vi fu attività, lotta, organizzazione, collaborazione, a cui ella non partecipò: come una spola in continuo movimento costruiva e teneva insieme, muovendo instancabilmente, il tessuto sotterraneo della guerra partigiana”.
Significative le considerazioni di Ada Gobetti, al termine della lotta, dopo la vittoria (quasi un messaggio profetico per le nuove generazioni): “confusamente intuivo però che incominciava un’altra battaglia più lunga, più difficile, più estenuante, anche se meno cruenta.
Si trattava ora di combattere non più contro la prepotenza, la crudeltà e la violenza, ma contro interessi che avrebbero cercato subdolamente di risorgere, contro abitudini che si sarebbero presto riaffermate, contro pregiudizi che non avrebbero voluto morire… e si trattava inoltre di combattere tra di noi e dentro noi stessi, non per distruggere soltanto, ma per chiarire, affermare, creare; per non abbandonarci alla comoda esaltazione di ideali per tanto tempo vagheggiati, per non accontentarsi di parole e frasi, ma per rinnovarci tenendoci vivi”.
La costituzione italiana attuale, nata dalle idee, di democrazia e di libertà, degli antifascisti, fu elaborata negli anni successivi, assurgendo a figlia della resistenza antifascista. Il 2 giugno 1946 il suffragio universale e l’esercizio dell’elettorato passivo portarono per la prima volta in Parlamento anche le donne. Si votò per il referendum istituzionale tra Monarchia o Repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente che si riunì in prima seduta il 25 giugno 1946 nel palazzo Montecitorio. Su un totale di 556 deputati furono elette 21 donne. Alcune di loro divennero grandi personaggi, altre rimasero a lungo nelle aule parlamentari, altre ancora, in seguito, tornarono alle loro occupazioni. Donne fiere di poter partecipare alle scelte politiche del Paese nel momento della fondazione di una nuova società democratica. Per la maggior parte di loro fu determinante la partecipazione alla Resistenza.