Dieci giovani donne a rischio marginalità che adesso avranno un’opportunità lavorativa, 120 minori ospiti di case famiglia, comunità alloggio, disabili o autori di reato coinvolti in percorsi di legalità, 20 professionisti e 75 ore di formazione, oltre al centro ippico Giuseppe Di Matteo, in contrada Portella della Ginestra, rimesso a nuovo e convertito in una biofattoria. Sono questi i risultati del progetto “Chi semina racconta”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, nell’ambito del bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici” e realizzato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera Palermo, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia, con la collaborazione di alcuni partner esterni (Cnca, l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni del Ministero della Giustizia e l‘associazione Famiglie Persone Down).
Un progetto durato quasi due anni che ha avuto il suo cuore pulsante nel centro ippico dedicato alla memoria del piccolo Giuseppe Di Matteo e i cui risultati sono stati illustrati in un volume presentato oggi presso l’Aula Pio La Torre dell’ex Casa del Fanciullo di via Vittorio Emanuele, a San Giuseppe Jato. Oltre 60 pagine che raccontano passo dopo passo quasi due anni di attività, la formazione di 10 giovani donne divenute operatrici di biofattoria sociale, la conversione del centro in biofattoria e orto didattico funzionale alle attività di agricoltura sociale, percorsi di legalità e riuso dei beni confiscati che hanno coinvolto oltre 120 minori a rischio.
“Chi Semina Racconta” è stato suddiviso in più fasi: la conversione del centro, la formazione di 10 donne disoccupate dai 18 ai 35 anni e infine percorsi di inclusione sociale, benessere, riabilitazione e incontro con l’altro che sono partiti dall’agricoltura sociale coinvolgendo 120 minori, attraverso l’orto e la cura delle piante. Il progetto ha avuto anche il merito di offrire un esempio virtuoso di riuso dei beni confiscati a servizio del territorio, promuovendo strumenti di cittadinanza attiva.
I BENEFICIARI
A beneficiare del progetto 10 giovani donne del territorio, di età compresa fra 18 e 35 anni, inoccupate o disoccupate, in condizione di disagio socio-economico, con titolo di studio medio, bisognose di sostegno all’inclusione socio-lavorativa; 120 ragazzi ospiti di case-famiglia e comunità alloggio, autori di reato in ogni stato e grado del procedimento penale, giovani affetti da sindrome di Down. I beneficiari indiretti sono stati le famiglie, le realtà coinvolte, nonché più in generale la collettività.
IL TERRITORIO: NUMERI E DATI
Il territorio dell’Alto Belice comprende 20 Comuni e circa 120mila abitanti, con un’età anagrafica elevata. La presenza sul territorio di fenomeni di delinquenza mafiosa ha impedito un adeguato sviluppo socio-economico. L’occupazione nell’area è sbilanciata verso il settore agricolo (10% della popolazione attiva), le Pubbliche Amministrazioni e il terziario (68%) e l’industria (22%). Il tasso di disoccupazione dell’area (30,49%) è superiore a quello della provincia (29,55%), la disoccupazione giovanile si assesta poco sotto il 70%. In tale contesto, il lavoro delle cooperative Libera Terra è in questi anni intervenuto formando i giovani, dando nuovi stimoli all’imprenditorialità, educando alla legalità e ai valori civili e democratici di dignità e rispetto dell’altro, solidarietà, giustizia, senso di responsabilità. L’iniziativa ha provato a sopperire in parte alle carenze di un’area a bassa occupazione femminile (44,1% di disoccupazione), dove la forza lavoro delle donne (27% del totale, molto al di sotto delle medie nazionale, regionale e provinciale) è concentrata nel settore agricolo (37,4% con punte del 50%), turistico-alberghiero e nelle Pubbliche Amministrazioni (33,8%).